Dunkirk (2017): recensione tripla per il film dell’anno

by Lorenzo
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Rosario

Se ne è parlato parecchio da mesi e di Dunkirk se ne parlerà ancora per molto. Vien da dire che coi registi affermati funziona così, ma il caso Nolan è particolare. Qui, anche se non compare, il personaggio principale è lui. Un personaggio che dopo i primi The Following e Memento ha spaccato il pubblico in due, tra chi adora prendere parte ai suoi deliri sul tempo e sullo spazio, e chi invece si ferma al primo trailer e già inizia a criticare l’intero film su Facebook. I neutrali si sono drasticamente ridotti. Personalmente, da buon neutrale, mi ero toccato l’organo già quando avevo letto della riconferma di Hans Zimmer. Così sono andato in sala appena è uscito, ma senza aspettarmi il suo miglior film e con occhio critico.

Il molo, il mare e il cielo.

Trattandosi di un film ambientato in un preciso momento storico, con dati alla portata di tutti, non c’è il rischio di fare spoiler. Il problema non si pone neanche a livello narrativo. L’intreccio è suddiviso in tre piani, scanditi maniacalmente: il molo, il mare e il cielo. Nessuno di questi può essere definito sicuro. Le bombe delle armate tedesche non lasciano il tempo per riprendere fiato, né agli attori, né allo spettatore. Nei pochi istanti in cui possono concedersi una boccata d’aria, non parlano, perciò non vi aspettate un film con grandi riflessioni sulla vita e sulla morte. Se è ciò che andate cercando, sappiate che Nolan vi servirà solo gli elementi adatti affinché siate voi a farle. E vi pare poco?

Il sonoro è gestito in modo superbo. Tra il montaggio e le note di Hans Zimmer, vi sentirete in imbarazzo a sgranocchiare popcorn. E data la fotografia, non vi verrà neanche voglia di cercarli. L’utilizzo della pellicola, efficace quanto costosa, accentua i toni freddi, marcando il contrasto sulla terraferma tanto quanto le sfumature nelle riprese aeree. Sul lato tecnico, in sintesi, nulla da ridire.

Dunkirk

La patria, gli inglesi e i complotti.

Se in Interstellar i nemici erano i sovietici col complotto sullo sbarco lunare, qui lo sono i tedeschi. Con le armate però, militari e non ideologiche. Ad ogni modo, sul patriottismo non si fanno sconti, nemmeno tra alleati. L’attuale condizione socio-economica inglese lascia carta bianca per speculazioni di ogni tipo. Certo è che Nolan ha scelto il periodo giusto per parlare di inglesi. Lo fa con un film di guerra, sull'”eroico” ritorno a casa dei soldati intrappolati a Dankerque. Più patriottico di così, solo la bandiera americana in giardino.

Un vero e proprio sviluppo dei personaggi non si nota. Le angosce e le prospettive rimangono invariate dal primo all’ultimo minuto. Degli a-eroi che si ritrovano impossibilitati a combattere. Un nemico fantasma, che c’è ma non si vede e, quando si vede, è troppo tardi. Poi i minuti contati in cielo, col carburante agli sgoccioli. Di loro non c’è da dire molto, perché sono loro stessi a non dire molto. Il che è un bene, ma anche quella carenza che di norma non perdoni. Non la perdoni all’uomo che ha sfornato sceneggiature del calibro dei film già citati (e aggiungiamoci The Prestige), ma la perdoni a un film dal fiato corto. Manca il tempo per respirare e di conseguenza per monologhi e sviluppi che vadano oltre alla speranza di salvezza. Il poco che dicono si rifà alla loro condizione, e quella la interpretano in modo impeccabile. Vogliamo trovare una pecca? I francesi non si arrendono.

Consigliato: a chi ce l’ha coi tedeschi e coi francesi.

Sconsigliato: all’amico che al cinema parla sempre.

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