I magnifici 7 (2016): quando l’eccesso di politically correct incontra il remake del remake

by Martino
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Una cittadina vessata da uno spietato bandito-affarista cerca l’aiuto di pistoleri che li liberino dai loro problemi. Trovano aiuto ma il prezzo per la libertà è alto.
Ave atque vale!
Vorrei iniziare questa recensione con una citazione (che ben spiega questo remake) dal film orginale di Sturges del 1960:
seduti sulla veranda dell’anziano del paese di Ixcatlan alla domanda “perché?” Steve McQueen risponde:
“Una volta ho visto un uomo nel deserto che si spogliò nudo e si gettò sopra un cactus, gli feci la stessa domanda: perché?” Yul Brynner“E lui?” McQueen “Mi disse che sul momento gli era sembrata una buona idea”.
Partendo dal presupposto che già il film del ‘60 è un remake della sublime pellicola “I sette samurai” del grande maestro Akira Kurosawa, l’idea di riproporre questa epica storia, di cui è stata, qualche anno fa, prodotta perfino una serie TV, era fin dal principio molto azzardata.
Il film di Antoine Fuqua (che come regista ha un po’un debole per i remake) tenta di ripristinare le premesse del film di Sturges, a partire da un cast di ultra eccellenza che comprende:
Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D’Onofrio, Peter Sarsgaard,
Lee Byung-hun e Haley Bennet;
purtroppo, causa alcune bizzarre scelte nella sceneggiatura, il film si caratterizza fin dal principio per una quantità di scelte politically correct a livelli raggiungibili solo da Peppa Pig,
il gruppo dei sette è infatti composto da:
un afroamericano, un giocatore d’azzardo (ancora più scanzonato rispetto a quello interpretato da McQueen), un bandito messicano, un grosso cacciatore di scalpi ritardato, un asiatico (ovviamente abilissimo con i coltelli), un’ indiano rinnegato ed un ex ufficiale dell’esercito nordista, molto spazio di azione viene lasciato anche alla componente femminile incarnata nella Bennet;
praticamente mancano solamente un cieco con una mira infallibile, un disabile in sedia a rotelle, una relazione omosessuale infilata malamente nella vicenda ed un contabile ebreo avaro ma onesto ed abbiamo completato l’intera ruota dei cliché del politicamente correto..
A questo aggiungiamo: una colonna sonora totalmente inconsistente, che nulla ha a che vedere con le indimenticabili musiche del film del ’60;
un livello di comicità tremendamente Disney (mascherata con atteggiamenti da “rudi pistoleri”) spruzzata un po’a casaccio sulla storia e una serie di citazioni e paralleli rispetto ai “magnifici sette” originali totalmente decontestualizzate.
Sarsgaard tenta disperatamente di interpretare un cattivo, spietato fino al demenziale, che possa reggere al confronto con il molto più umano e reale Calvera (interpretato da un’intramontabile Eli Wallach), il parallelo di Brynner, interpretato da Denzel Washington, risulta anch’esso come la macchietta del cacciatore di taglie (con storia di vendetta alle spalle annessa, nel vano tentativo di dare spessore al personaggio) causa probabilmente più del copione che dell’attore, Pratt si distingue (come sempre) nel ruolo dell’eroe un po’demenziale, anche qui, solida la recitazione, debole il personaggio; Hawke si trova alle prese con l’incarnazione di due personaggi mischiati del film di Sturges (Harry Luck e Lee), la sua interpretazione è forse la più meritevole dell’intero film, ma l’operazione di fusione dei due ruoli risulta confusa e poco credibile, gli archetipi dei personaggi di C. Bronson e di J. Coburn vengono impiantati a forza su soggetti completamente differenti e si perde anche in questo caso lo spessore umano dei loro paralleli, anche se il personaggio di Byung-hun riacquista una credibile umanità verso il finale.
La fotografia è valida, pur senza particolari note di merito, le scene d’azione avvincenti, ma spesso frenetiche, e le parti originali (quando non scadono in comicità di bassa lega) sarebbero pure interessanti se il film non risultasse nel complesso di una lentezza imbarazzante: i dialoghi infiniti sul nulla (nel disperato tentativo di ricreare quelle tensioni di sguardi ed attese, proprie della pellicola di Sturges) rendono il ritmo del film indeciso e poco convincente, verso il finale la sceneggiatura si risveglia con qualche trovata interessante, ma il ritmo viene nuovamente stroncato dal cliché del pistolero in cerca di vendetta.
Onde non sbilanciarmi ulteriormente sulla storia, e scadere nello spoiler, preferisco tenermi tra i denti un paio di altre considerazioni riguardo al parallelo dell’anziano della pellicola “originale” con l’attuale prete di paese, o rispetto ai campesinos (sempre del ’60) con i cittadini del remake..
In ogni caso, per chi fosse totalmente ignaro dei precedenti il film in qualche modo fila, mantenendo i suoi problemi strutturali di lentezza e ruffianeria, gli attori sono comunque molto competenti e due ore di pellicola passano anche in fretta se si è in compagnia e non si è troppo esigenti..
Dove trovarlo: dall’11 gennaio in DVD e BD, online acquistabile su Itunes e Google Play Movies e Chili.
Per la serie: la blasfemia dei remake
Voto (per i profani): 6,2
Voto (per gli Sturgesiani): 5, 5
Voto ( per i Kurosawiani): 4, 3

Titolo italiano: I magnifici 7

Totale
6.2/10
6.2/10
  • Trama - 6.2/10
    6.2/10
  • Realizzazione - 6.2/10
    6.2/10
  • Impatto - 6.2/10
    6.2/10

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