Il Labirinto del Fauno (2006): un’esperienza emotiva e sensitiva

by Rosario
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labirinto del fauno

C’è qualcosa di magico che lega la semplicità alla qualità. La violenza all’innocenza. L’horror al fantasy. Dei tasselli che, una volta uniti, compongono il puzzle de Il Labirinto del Fauno, di Guillermo del Toro.

« Tanto tempo fa, nel regno sotterraneo, dove la bugia, il dolore, non hanno significato, viveva una principessa che sognava il mondo degli umani. Sognava il cielo azzurro, la brezza lieve e la lucentezza del sole. Un giorno, traendo in inganno i suoi guardiani, fuggì. Ma appena fuori, i raggi del sole la accecarono, cancellando così la sua memoria. La principessa dimenticò chi fosse e da dove provenisse. Il suo corpo patì il freddo, la malattia, il dolore, e dopo qualche anno morì. Nonostante tutto, il Re fu certo che l’anima della principessa avrebbe, un giorno, fatto ritorno, magari in un altro corpo, in un altro luogo, in un altro tempo. L’avrebbe aspettata, fino al suo ultimo respiro. Fino a che il mondo non avesse smesso di girare. » (Monologo iniziale di Tonino Accolla, originale di Pablo Adàn)

L’horror è violenza, il fantasy è mistero

Siamo in Spagna nel 1944. La guerra civile è finita, ma tra le montagne si nascondono ancora i guerriglieri contrari al regime instaurato da Francisco Franco. L’avamposto militare deputato ad annientare i ribelli si affaccia proprio a quelle montagne. E’ capitanato dallo spietato Vidal (Sergi López), che ha chiamato a sé la moglie Carmen (Ariadna Gil), incinta per la seconda volta. La primogenita Ofelia (Ivana Baquero) l’accompagna in questo viaggio, primogenita partorita durante il precedente matrimonio della madre, con un sarto. Questo è il quadro sul quale è crudelmente dipinto lo scenario de Il Labirinto del Fauno. La scena, però, esce ampiamente dalla cornice. Ofelia, una ragazzina affascinata dal mondo fantasy, immagina una realtà parallela e lì vi trova rifugio. Lentamente, essa si sovrappone alla realtà assottigliandone il confine. I mostri, le sfide, le difficoltà contenute in quella seconda realtà non rappresentano l’orrore più di quanto lo facciano le vicende nell’avamposto militare. Se vi si cerca pietà, la si troverà sotto la suola dello stivale di Vidal e dei suoi subordinati.

labirinto del fauno

Si arriva ad un punto in cui gli avvenimenti dettati dall’immaginazione influenzano pesantemente la realtà. La vita e la morte, per fare un esempio. Ofelia si ritrova, in tutta la sua innocenza e fragilità, a dover portare a termine le sfide di un fauno (Doug Jones). Questo perché secondo la leggenda, di cui veniamo a conoscenza già nel monologo, lei è la prescelta. E’ la principessa di quel mondo incantato. Ma se già di per sé è difficile accedervi, le limitazioni provenienti dall’esterno ne complicano la riuscita.

Il Labirinto del Fauno è un’esperienza emotiva e sensitiva

La cura nei dettagli del regista spagnolo, la fotografia pulita, amplificano la magia e le musiche l’accompagnano a noi. Una vera e propria esperienza emotiva e sensitiva. Non poteva che essere questo il film spagnolo ad aver ricevuto più incassi. Tra i numerosi riconoscimenti troviamo ben tre Oscar, tra cui Migliore fotografia a Guillermo Navarro, Migliore scenografia a Eugenio Caballero e Pilar Revuelta, Miglior trucco a David Martì e Montse Ribé. E pensare che proprio Del Toro, in quell’edizione del 2007 era arrivato ad un passo dalla statuetta per la Migliore sceneggiatura. Un film, nel complesso, meritevole delle lodi ricevute. Un cult che dopo La spina del diavolo, ha confermato un regista che vale la pena seguire e, soprattutto, rivedere.

Consigliato a: gli amanti del fantasy; ai seguaci di Guillermo del Toro

Trailer:

Dove recuperarlo:

In abbonamento: Netflix

Acquisto/Noleggio: DVD, BD, Google Play Store, Apple iTunes

Cosa dice la critica:

IMDb: 8,2/10
Rotten Tomatoes: 95% (pubblico: 91%)

Totale
9/10
9/10
  • Trama - 8.5/10
    8.5/10
  • Realizzazione - 9.5/10
    9.5/10
  • Impatto - 9/10
    9/10
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