“Perché vuoi morire? Io non voglio morire, voglio smettere di vivere!”
La foresta dei sogni è un film che definirei introspettivo, profondo e con una forte connotazione spirituale. La maggior parte della pellicola si svolge all’interno della foresta di Aokigahara (conosciuta in Giappone come “la foresta dei suicidi”) e mette a confronto due uomini, uno scienziato americano e un giapponese, che rappresentano due modi differenti di vedere la vita e la morte. I due sono lì per motivi diversi, ma entrambi per lo stesso scopo: lasciarsi andare, per aver deluso, ognuno a modo suo, le persone che più amavano. La foresta dei sogni non si perde in parti introduttive lunghe e noiose, ma va diretta al cuore della storia. Arthur e Takumi vagano per la foresta cercando una via per uscire, dialogano, si aiutano e si scoprono a vicenda. I flashback che rimandano alla vita passata di Arthur sono molto utili, per comprendere il suo carattere e i motivi del suo viaggio. I dialoghi sono intensi e toccano ambiti molto personali. La musica e l’ambiente provocano sensazioni opposte, di calma prima e di cupa tristezza poi. La foresta dei sogni rapisce, per il suo forte magnetismo e il coinvolgimento che crea nello spettatore, grazie ad una trama ben costruita che poggia su una storia emotivamente molto toccante.