Dunkirk (2017): recensione tripla per il film dell’anno

Dunkirk di Christopher Nolan interseca tre diversi punti di vista. Così abbiamo deciso anche noi di fare una recensione da 3 diversi punti di vista. Ecco quello che è venuto fuori…


Lorenzo

Dunkirk è arrivato. E se non fosse stato per un commento di un amico, probabilmente me ne sarei ricordato tardi. La realtà è che se c’è stata una campagna pubblicitaria del nuovo film di Nolan, io me la sono persa di brutto. E se proprio vogliamo dirla tutta, i trailer usciti non mi hanno trasmesso nulla se non una sana curiosità e normale anticipazione. Dopo i titoli esageratamente sensazionalistici dell’ultimo mese, lo ammetto, sono andato al cinema estremamente prevenuto.

Il film è magnetico e lo si vede tutto d’un fiato. Si è costantemente in tensione, con pochissime occasioni per tirare fiato. La colonna sonora è opprimente, il montaggio rapido e soffocante, alternato a momenti più calmi e con una fotografia incredibile. Tutto concorre ad accrescere il senso di oppressione, solitudine e abbandono che può provare un intero esercito circondato e abbandonato a se stesso.

“Tutti vogliono tornare a casa. Tutti sono eroi”

Dall’altro lato, allo stesso modo spicca la scarsa locuacitá e profondità dei personaggi. Impossibile immedesimarsi in uno di “loro”, perché appunto “loro” è la parola chiave del film: si parla di Storia, di una situazione realmente accaduta i cui protagonisti non erano dei singoli, ma “tutti coloro che vi presero parte”. Soldati, civili, aviazione, francesi o inglesi, in Dunkirk si raccontano le loro vicende. Non c’è nessun Dominic Cobb che deve tornare a casa e nessun Bruce Wayne nel ruolo dell’eroe: tutti vogliono tornare a casa. Tutti sono eroi. L’estraniazione dai singoli personaggi è totale. L’avversario non è solo quello dietro il fucile, ma lo sono il mare, la paura e il poco tempo a disposizione dei soccorsi.

Da questo punto di vista, Dunkirk è il Cinema, ovvero la capacità di dare corpo e ruolo a dei concetti astratti o senza vita. Ma a che prezzo?

Dunkirk è una vera e propria esperienza visiva”

Il film è tecnicamente e narrativamente eccelso, ma purtroppo non ha nulla da dire.

Anzi, forse il film è addirittura esageratamente pervaso da un nazionalismo Inglese molto spicciolo che quasi ammicca alla situazione politica attuale: ovvero, gli Inglesi per conto proprio stanno meglio, e, se proprio devono scegliere, scelgono i vicini del nuovo continente.

A conti fatti Nolan ha sfornato un ottimo lavoro tecnico, che però non innova ne tenta niente di nuovo. Dunkirk manca di memorabilità e personalmente, verrà dimenticato presto.
Ma diciamocelo, probabilmente sarete già andati a vederlo.

Un film ottimo, considerando lo standard odierno, ma a me non è piaciuto.

Consigliato: ai fan di Nolan e che qualsiasi cosa faccia è un capolavoro.

Sconsigliato: ai fan di Nolan di vecchia data o che si aspettano un una sceneggiatura intricata (stile Memento o Inception) e ricca di colpi di scena.

Rosario

Se ne è parlato parecchio da mesi e di Dunkirk se ne parlerà ancora per molto. Vien da dire che coi registi affermati funziona così, ma il caso Nolan è particolare. Qui, anche se non compare, il personaggio principale è lui. Un personaggio che dopo i primi The Following e Memento ha spaccato il pubblico in due, tra chi adora prendere parte ai suoi deliri sul tempo e sullo spazio, e chi invece si ferma al primo trailer e già inizia a criticare l’intero film su Facebook. I neutrali si sono drasticamente ridotti. Personalmente, da buon neutrale, mi ero toccato l’organo già quando avevo letto della riconferma di Hans Zimmer. Così sono andato in sala appena è uscito, ma senza aspettarmi il suo miglior film e con occhio critico.

Il molo, il mare e il cielo.

Trattandosi di un film ambientato in un preciso momento storico, con dati alla portata di tutti, non c’è il rischio di fare spoiler. Il problema non si pone neanche a livello narrativo. L’intreccio è suddiviso in tre piani, scanditi maniacalmente: il molo, il mare e il cielo. Nessuno di questi può essere definito sicuro. Le bombe delle armate tedesche non lasciano il tempo per riprendere fiato, né agli attori, né allo spettatore. Nei pochi istanti in cui possono concedersi una boccata d’aria, non parlano, perciò non vi aspettate un film con grandi riflessioni sulla vita e sulla morte. Se è ciò che andate cercando, sappiate che Nolan vi servirà solo gli elementi adatti affinché siate voi a farle. E vi pare poco?

Il sonoro è gestito in modo superbo. Tra il montaggio e le note di Hans Zimmer, vi sentirete in imbarazzo a sgranocchiare popcorn. E data la fotografia, non vi verrà neanche voglia di cercarli. L’utilizzo della pellicola, efficace quanto costosa, accentua i toni freddi, marcando il contrasto sulla terraferma tanto quanto le sfumature nelle riprese aeree. Sul lato tecnico, in sintesi, nulla da ridire.

La patria, gli inglesi e i complotti.

Se in Interstellar i nemici erano i sovietici col complotto sullo sbarco lunare, qui lo sono i tedeschi. Con le armate però, militari e non ideologiche. Ad ogni modo, sul patriottismo non si fanno sconti, nemmeno tra alleati. L’attuale condizione socio-economica inglese lascia carta bianca per speculazioni di ogni tipo. Certo è che Nolan ha scelto il periodo giusto per parlare di inglesi. Lo fa con un film di guerra, sull'”eroico” ritorno a casa dei soldati intrappolati a Dankerque. Più patriottico di così, solo la bandiera americana in giardino.

Un vero e proprio sviluppo dei personaggi non si nota. Le angosce e le prospettive rimangono invariate dal primo all’ultimo minuto. Degli a-eroi che si ritrovano impossibilitati a combattere. Un nemico fantasma, che c’è ma non si vede e, quando si vede, è troppo tardi. Poi i minuti contati in cielo, col carburante agli sgoccioli. Di loro non c’è da dire molto, perché sono loro stessi a non dire molto. Il che è un bene, ma anche quella carenza che di norma non perdoni. Non la perdoni all’uomo che ha sfornato sceneggiature del calibro dei film già citati (e aggiungiamoci The Prestige), ma la perdoni a un film dal fiato corto. Manca il tempo per respirare e di conseguenza per monologhi e sviluppi che vadano oltre alla speranza di salvezza. Il poco che dicono si rifà alla loro condizione, e quella la interpretano in modo impeccabile. Vogliamo trovare una pecca? I francesi non si arrendono.

Consigliato: a chi ce l’ha coi tedeschi e coi francesi.

Sconsigliato: all’amico che al cinema parla sempre.

Luca

A parere di chi scrive Dunkirk di Christopher Nolan è stata una delle esperienze cinematografiche più intense ed interessanti dell’anno. Non un film perfetto, non un capolavoro, ma “un’esperienza”

Un film che sfrutta al meglio l’alchimia degli elementi distintivi del cinema, immagini in movimento, sonoro, per dare un senso di illusione e colpire lo spettatore.

Con il soggetto nella testa di Nolan da anni, con sceneggiatura minimale scritta da lui, girato totalmente in IMAX 65 mm, e con l’utilizzo in massima parte di effetti speciali pratici e imbarcazioni e aerei originali dell’epoca, Dunkirk si presenta come un vero e proprio esercizio di stile del regista.

Ma non un esercizio privo di anima, monostante i personaggi possano risultare troppo bidimensionali. Questa è infatti un’esplicita volontà in fase di scrittura: il fante, in attesa su quella spiaggia, in un limbo tra vita e morte, diventa l’ombra di sè stesso e, privo di vitalità, cerca solo di prevaricare sul prossimo (e i personaggi lo dimostreranno più volte nel corso della pellicola).

 

Lo spirito documentaristico che ha spinto Nolan a girare il film si percepisce in ogni inquadratura. Ma si va anche oltre il documentario, in una storia che vuole raccontare la Storia, attraverso una ricostruzione fittizia, un prodotto che punti a intrattenere il pubblico.
E cerca di farlo attraverso inquadrature claustrofobiche, attraverso un uso del sonoro semplicemente allucinante, complici anche le ottime musiche di Zimmer, e attraverso un altro espediente: il Tempo.

Ci si potrebbe perdere a riflettere per ore su uno degli aspetti fondamentali della poetica di Nolan: il tempo e il suo scorrere inesorabile. Memento, Inception, Interstellar (ma potrei anche aggiungervi la trilogia del Cavaliere Oscuro, per alcuni passaggi in cui anche qui si insiste sul tema), tutti film in cui il Tempo è un elemento importante e sul quale viene costruito il film.

C’è qualcosa che affascina il britannico regista, qualcosa che picchietta inesorabile nel suo cervello e lo spingere a riflettere sul Tempo.

Un ticchettio costante accompagna il film, che sia in aria, in mare o in terra. Perchè sono queste le tree linee narrative che si intrecciano non linearmente tra loro, a tempi diversi, perchè diverso è il loro arco temporale (è più semplice di quel che si pensi).

Un espediente questo che dona ritmo alla narrazione. Spinge lo spettatore ad osservare con attenzione ciò che gli viene mostrato per riuscire a rimettere insieme i tasselli (come puro gioco facoltativo che non inficia sulla comprensione del film)

Dunkirk non è un film di guerra, ma un film su una ritirata disperata. Ed è angosciante, e amaro.

Ho sentito in giro definire il finale retorico e patriottico. E soprattutto che non emoziona

Il finale racconta una sconfitta, una sconfitta di un popolo che proprio facendo affidamento a quel suo stoico patriottismo ha risollevato la testa. Ma il film non racconta questo. La risollevò poi. Il film racconta di atti di eroismo, di perdite. Di uomini che sono tornati a casa quando il tempo sembrava finito e ogni speranza persa.

 

“Bravi, bentornati!” -Bravi? Siamo solo sopravvissuti..- “E vi sembra poco?”

Nel ricco cast inglese spiccano Mark Rylance, Kenneth Branagh, e soprattutto Tom Hardy. Assurdo a dirsi per qualcuno che recita per tutto il tempo nella cloche di uno spitfire, completamente bardato, pronunciando in totale 5 frasi , ma ci si attende per lui una nomination agli Accademy.

 

Il mio consiglio? Tentate la visione.

Cosa aspettate? tic.toc.tic.toc.tic.toc.

Consigliatoagli appassionati di film di guerra, e ai fan di Nolan

Sconsigliato: a coloro che cercano un film con una trama consistente e complessa e a chi non tollera troppo la tensione

Categories: Recensioni
Lorenzo: Cresciuto come tanti bambini degli anni '90 a pane e film di Bud Spencer, da sempre ama il cinema in tutte le sue forme. Programmatore di giorno e videoamatore a tempo perso, negli ultimi anni ha iniziato a detestare il cinema Americano da Blockbuster (salvo sporadiche eccezioni) e ad apprezzare i decisamente poco blasonati film orientali moderni. È finito che non ha più amici da invitare a casa per un film: preferiscono drogarsi.
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