Jurassic Park: 25 anni e (non) sentirli?

by Marco
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Pochi giorni fa il mitico Jurassic Park festeggiava i suoi 25 anni dall’uscita nelle sale. Qualche giorno fa, tra un discorso e l’altro, è saltata fuori questa frase: “Penso che Jurassic Park sia invecchiato male”.

Dopo aver chiesto delucidazioni, mi è stata data una risposta che riassumerò in quattro punti chiave:

  1. Gli effetti speciali erano belli all’epoca, ma ora non lo sono più.
  2.  Jeff Goldblum è stata una scelta discutibile.
  3. Ci si ricorda della frase: “La vita troverà il modo” per la sua idiozia testuale e perché non spiega nulla.
  4. Jurassic Park è un B-Movie che non dovrebbe mai essere considerato un capolavoro cinematografico.

Ora, si può affrontare questa cosa in due modi: cominciare a urlare e dimenarsi come la migliore scimmia di Odissea nello spazio, oppure analizzare punto per punto e vedere se queste frasi hanno un fondo di verità.

1. Gli effetti speciali non sono più un granché

“Direi che siamo disoccupati”
“Non è meglio dire estinti?”

Lo scambio di battute tra Spielberg e Phil Tippet sancisce la decisione del regista di utilizzare la computer grafica per le animazioni del film, fino a quel momento realizzate in go-motion da Tippet,

Prima di Jurassic Park la grafica 3D era stata utilizzata in The Abyss e in Terminator 2, tutti ricordano lo spaventoso robot liquido, interpretato da Robert Patrick, che poteva cambiare forma e passare tra le sbarre di una prigione ma, anche allora, nessuno aveva ne compreso fino in fondo le potenzialità.

Con gli Animatronics di Stan Winston, la CGI di Dannis Murren, le animazioni in go-motion e la supervisione di Phil Tippet, si è portato il campo degli effetti speciali a un livello mai raggiunto prima, aprendo un mondo d’interesse per queste tecniche (specialmente la CGI).

Una minuzia nei dettagli così elevata, soprattutto per l’epoca, è qualcosa di sbalorditivo.

Il tono muscolare dei dinosauri che corrono, il loro respiro, la pelle diligentemente curata in ogni particolare, ogni rugosità e imperfezione, le luci che integrano benissimo questi sauropodi digitali nel nostro mondo.

Tutto questo fa sì che chi guarda possa, come Alan Grant, ritrovarsi in mezzo ai dinosauri, come se fossero davvero reali, perché è questo quello che Jurassic Park riesce a fare, prende chi è di fronte allo schermo, lo mette davanti a un animale che fino ad allora considerava “non tangibile” e gli dice: “I dinosauri esistono, eccoli, guardali camminare, soffrire, mangiare povere caprette e urlarti addosso la loro rabbia repressa da 65 milioni di anni”, e in tutto ciò lo spettatore rimane sbigottito come se si trovasse immerso nel più straordinario dei safari.

Se da un lato le tecniche CGI odierne sono capaci di creare modelli ultrarealisti, dall’altro non si può certo dire che Jurassic Park sia invecchiato poi così male da questo punto di vista. Basta fare alcuni esempi con film postumi come:

Jumanji (1995)

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The Mummy Returns (2001)

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2. Jeff Goldblum è stata una scelta discutibile

Ok, un attore può piacerti o può non piacerti ed è logico che, se non ti piace, non vedrai di buon occhio la sua presenza nel film. Questo lo posso capire e non mi dilungherò troppo, però personalmente ritengo che Goldblum sia una scelta azzeccata per interpretare il ‘caosologo’ Ian Malcom, e sono contentissimo che la parte non sia andata a Jim Carrey, perché non sarebbe stata la stessa cosa.

Malcom è un personaggio bizzarro, spaccone tanto da essere paragonato a una Rock Star, interessato ai “meccanismi del mondo reale” e questo Goldblum riesce a esprimerlo alla perfezione, mettendoci dentro anche un po’ di Seth Brundle, scienziato interpretato sempre da Goldblum in La Mosca.

3. “La vita troverà il modo” è una frase che non spiega nulla

Questa forse è una delle frasi più conosciute e importanti del film (e di tutto il francise aggiungerei).

Con questa frase, Ian Malcom risponde all’affermazione del dottor Wu, che vede gli animali del parco essere tutte femmine, così da non potersi riprodurre e mantenere controllato il numero degli esemplari.

L’evoluzione ci ha portati dove siamo, grazie a caotiche mutazioni, questo perché la vita è soggetta alla casualità, non esiste un regime controllato in natura, le cose succedono e basta e così accade in Jurassic Park.

Nonostante l’ingegneria genetica all’avanguardia e tutte le accortezze del dottor Wu, le creature del parco trovano il modo di farsi strada in questo mondo sconosciuto. Già all’inizio, quando il raptor decide di avere un tête-à-tête con l’addetto del parco, la vita ha trovato il modo. La conferma, però, ci viene data quando Alan Grant trova il nido con le uova e delle piccole impronte:
“Durante la visita, il filmino diceva che hanno usato DNA di un rospo per riempire le interruzioni delle sequenze genetiche, hanno mutato il codice genetico dei dinosauri miscelandolo con quello dei rospi… Ora, alcuni rospi dell’Africa occidentale cambiano spontaneamente di sesso da maschio a femmina se si trovano in un gruppo monosessuale.”

Questa frase spiega egregiamente la morale del film (e anche di quelli a venire), per quanto si possa essere bravi a giocare a fare Dio, non si avranno mai le capacità o le tecnologie per impedire alla natura di fare il proprio corso, di seguire le proprie leggi casuali, perché è una macchina che non si può controllare, è un animale che non si può addomesticare.

“Malcom aveva ragione, guardate. La vita alla fine ha trionfato!”

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4. Jurassic Park è un B-Movie e non un capolavoro cinematografico

Wikipedia ci dice che un B-Movie è un film a basso costo o di dubbia qualità, di qualunque genere o sottogenere.

Indubbiamente, Jurassic Park non può essere considerato tale per via del budget di 63 milioni di dollari, quindi è riferito alla qualità.

Il film è senza dubbio un blockbuster e condivide la trama con molti b-movie: degli scienziati creano un mostro, il protagonisti cercano di sfuggirgli e di sopravvivere fino a quando non ci riescono.

Ci sono però alcuni elementi che lo elevano rispetto ai b-movie classici.

La qualità dei dinosauri è così alta che ha rivoluzionato l’industria degli effetti speciali nel cinema. Questi ultimi, durante il film, non compaiono poi così spesso e in così gran numero, anzi, vediamo un gruppo di brachiosauri all’inizio, un triceratopo morente, tre raptor, un T-rex, un dilofosauro e i gallimimus. Sei specie di dinosauri in un parco che dovrebbe contenerne decine, e le scene nelle quali appaiono sono brevi. Eppure il gioco funziona! La maestria di Spielberg nel creare, come in Lo squalo, la tensione per quello che non si vede, per ciò che è nascosto dietro le fronde di una foresta giurassica, usando le sapienti note di John Williams, o un bicchiere pieno d’acqua che trema oppure, la semplice assenza di una capra che doveva essere lì, è efficace e tiene lo spettatore incollato alla sedia.

jurassic park

Oltre i veri protagonisti del film, ci sono anche quelli umani che non sono, come spesso accade nei b-movie, dei segnaposti per le uccisioni. Anzi, vediamo Alan Grant che da burbero disprezzatore di bambini, si ritrova a doverli proteggere e ad apprezzarli.

C’è John Hammond, magnate fermamente convinto dell’ideologia dietro alla fondazione del parco, che per tutto il film ripete sempre la stessa frase: “Qui non si bada a spese” e che, alla fine, si rende conto che non tutto può essere comprato e controllato con i soldi, di certo non il carnivoro di 12 metri di lunghezza che dà la caccia ai suoi nipoti.

Lo stesso Malcom, anche se più visibile in Il Mondo Perduto, perde la spocchiosità e il tono da rock star che aveva all’inizio del film, dopo che ha affrontato i pericoli del parco.

Anche le interazioni interpersonali funzionano, perché sono dialoghi naturali come farebbe una comitiva di visitatori in gita. Si parla di teorie matematiche, si tastano gli aveneristici schermi touchscreen, si indossano binocoli trovati sotto il sedile. Non sono semplici dialoghi “preimpostati”, ma danno più realismo e creano maggior empatia nello spettatore, perché è quello che lui farebbe, parlare del più e del meno mentre si gode il safari.

La trama di questo film è semplice, nulla di pretenzioso e sì, i personaggi non sono complessi né ultra approfonditi, però lo sono quel tanto che basta perché il gioco regga e trasporti chi è davanti allo schermo in un magnifico, tanto quanto spaventoso, tour preistorico. Lo spettatore rimane a bocca aperta come la professoressa Sattler quando vede i bracchiosauri, si terrorizza quando il T-rex fa la sua comparsa o quando i raptor danno la caccia ai ragazzi nelle cucine e ancora oggi, dopo 25 anni, riesce a convincersi che i dinosauri sono reali.

Certo, per quanto ami questo film, sono consapevole che abbia dei difetti, (sì sto parlando proprio di te, tredicenne che hackeri il sistema di sicurezza di un parco ultra tecnologico), però non credo che siano abbastanza pesanti da renderlo un b-movie, né tanto meno gli tolgono la nomina di capolavoro perché quando un film ti tiene incollato alla sedia, ti spaventa, ti riempie di incredulità, meraviglia e ansia, quando rivoluziona un intero settore del cinema, quando ti dimostra che l’impossibile è realtà, vuol dire che è un capolavoro, vuol dire che, alla fine, anche lui ha trovato il modo.

Avevi letto il nostro ClassiCult su Jurassic Park?

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