5 film imperdibili da Cannes 2018

Il 71° Festival di Cannes 2018 si è concluso, la Palma d’Oro è stata assegnata, la Croisette si è svuotata e siamo tutti tornati alla vita di ogni giorno.

Dopo due lunghe e intense settimane di proiezioni, con premiére mondiali di dozzine di film e varie competizioni che si sovrappongono e incastrano è giunto il momento di tirare le somme e trovare i 5 film veramente imperdibili di questa edizione.

Avendo potuto essere presente solo per una manciata di giorni non sono, per forza di cose, riuscita a vedere tutte le pellicole presentate (fra tutte le italiane, l’apprezzato e premiato dalla giuria Capharnarüm e quello vincitore per l’interpretazione femminile, Ayka), ma fra quelle che ho potuto guardare queste sono quelle che ho preferito, in ordine.

1) Shoplifters

Inizio forse scontato, con il film vincitore della Palma d’Oro di Cannes 2018 (che non sempre garantisce la qualità: personalmente avevo apprezzato veramente poco The Square, vincitore dell’anno scorso).

La storia di una povera famiglia giapponese composta da nonna, padre, madre, sorella, e figlio, che vive di espedienti e – appunto- piccoli furti. Tornando da uno di questi “colpi” una sera il figlio e il padre trovano una bambina di 5 anni abbandonata e affamata, la portano a casa loro, la nutrono e la proteggono, e cercheranno di riportarla alla sua famiglia d’origine.

Da qui si sviluppa una storia emozionante e toccante sull’amore familiare, le scelte che facciamo e i rapporti umani, arricchita dalle rivelazioni dell’ultimo terzo che pian piano vengono suggerite durante tutto il film fino al culmine finale.

Profondo senza essere mai stucchevole; originale, ben diretto da Koreeda e ben interpretato, ma soprattutto estremamente efficace a livello emozionale. Veramente un ottimo film e un’ottima scelta da parte della Giuria (d’altronde quest’anno era capitanata dalla divina Cate Blanchett, non è così soprendente che possiamo fidarci del suo giudizio).

2) Cold War

Film polacco di Pawlikowski, già noto per Ida del 2013. In bianco e nero e in 4:3 racconta la storia di due amanti che si incontrano nella Polonia post seconda guerra mondiale e vivono una travagliata relazione attraverso il periodo della Guerra Fredda, che li separerà e li unirà, quasi come un ulteriore personaggio mai visto. Parzialmente ispirata alla storia dei genitori del regista (che ha vinto come migliore nella sua categoria), non è probabilmente il copione più originale presentato in gara, ma è realizzato con un ritmo e un’atmosfera incredibili che catturano e non lasciano andare, recitato benissimo dalla coppia principale e con un finale spiazzante. Di nuovo un gran carico di emozione, già chiacchierato come potenzialmente nominato agli Oscar.

3) Summer

Questo film non ha ricevuto premi, ma a me personalmente è piaciuto da impazzire. La storia è quella della scena rock underground di Leningrado (oggi San Pietroburgo) nei primi anni ’80, raccontata attraverso le vite dei musicisti Mike e Viktor, e Natasha, la moglie del primo. Un po’ di stile documentaristico, un po’ di realismo magico e rottura della quarta parete, alcune sequenze musicali (senza essere un musical) realizzate in modo geniale, con un ottimo lavoro registico nella gestione di questi cambi di stile, mai repentini o esagerati, in un contesto che raramente viene esplorato e risulta quindi ricco di sorprese e novità.

Sarà sicuramente apprezzato in modo particolare dai fan della musica di quel periodo e delle storie di musicisti ribelli e innovatori.

4) BlacKkKlansman

Il nuovo film di Spike Lee, premiato dal Grand Prix della giuria di Cannes 2018, racconta la storia vera di un poliziotto nero che negli anni ’70 si infiltra nella fazione della sua città del Ku Klux Klan.

Lee realizza un film divertente, intrigante, estremamente politico ed attualissimo.

Nonostante il tema spinoso non risulta mai come una predica o un insegnamento politicamente corretto: il tono non è sicuramente sfumato, il messaggio non è nascosto, ma visti i tempi in cui viviamo si può concedere questa mancanza di finezza e apprezzare lo stesso ampiamente il film.

Non manca qualche riferimento alla politica attuale americana, ma Lee riesce nel difficile compito di non farle sembrare strizzatine d’occhio fini a sè stesse, lasciandole emergere naturalmente dalla trama (che comunque si presta benissimo a parallelismi con il 2018).

Mi ha pure strappato delle lacrime sul finale (come in realtà quasi tutti i film di questa lista, ma quello è un problema mio e dei miei dotti lacrimari).

5) Asako I & II

Film giapponese, come Summer non premiato dalla critica ma comunque apprezzato dal pubblico (e dalla sottoscritta).
Vediamo la storia di una giovane ragazza che si innamora di un suo concittadino, con il quale vive una storia intensa e appassionata, fino a che lui un giorno da un momento all’altro sparisce completamente senza lasciare traccia di sè. Dopo qualche anno la ragazza incontra però il suo sosia perfetto, che ovviamente non ha idea di chi sia lei.

Buone performance e una storia di ossessioni, vero amore, gatti, follia e perdono.

Probabilmente il più particolare di questa lista, ma secondo me merita sicuramente di essere visto.


Osservazioni sparse su Cannes 2018:

Un altro film che ho potuto vedere, per il quale avevo delle aspettative abbastanza alte e che era fra i più attesi di Cannes 2018 è stato Under the Silver Lake. Non è rientrato nella lista perchè pur non avendomi fatto completamente schifo è stato credo quello che mi ha deluso di più, nonostante comunque ci fossero cose che ho apprezzato. Un po’ confuso, un po’ tirato, un po’ troppo in generale.

Apprezzatissimo dalla critica è stato invece Burning, che però per me (e, a quanto ho sentito) tanti altri non è stato assolutamente fra i migliori presentati. Un ritmo troppo lento, che dissipa la tensione che la storia (basata su un racconto di Murakami) riesce a creare, performance dubbiose (il protagonista probabilmente meno carismatico del pianeta, aiutato poco anche dalla sua brutta ossessione per la protagonista femminile, che cade nel luogo comune della dream girl), se non per il buonissimo lavoro di Steve Yeun (il compianto Glenn di The Walking Dead).

PS: purtroppo non sono riuscita a procurarmi un biglietto per Solo, però ho sentito chi l’ha visto uscire soddisfatto dalla sala, un film leggero ma divertente, il disastro potrebbe essere stato evitato.

Sono stata molto sorpresa da una ragazza che mi ha detto che era un film pieno di filosofia e con poca azione, ma poi ho capito che in realtà mi stava parlando di Wild Pear Tree, il film turco di tre ore.

Categories: Approfondimenti
Lisa: Le piacciono i film che fanno piangere e le peggiori canzoni pop... in quest'ordine
X

Headline

Privacy Settings