Indie Game – The Movie (2012): il documentario sul retroscena dei videogiochi indie

by Rosario
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Indie Game

Indie game significa pressione psicologica, date di scadenza, contratti instabili. Sono tutti fattori spalmabili fra i membri di un’azienda. Sì, all’interno di un team con altre centinaia di persone, forse. E se l’azienda fosse invece la persona stessa, o magari due amici? Il peso non potrebbe far altro che ricadere nella sua totalità, sulle spalle di chi per anni, in completa solitudine, tenta di esprimersi al mondo.

“Cosa succederebbe se tu non riuscissi a finire il gioco?”
“Mi ucciderei. E’ il mio incentivo per finirlo”.

Super Meat Boy, FEZ e Braid. Tre videogiochi indipendenti per un totale di quattro sviluppatori. Il documentario diretto da James Swirsky e Lisanne Pajot segue l’evoluzione di ognuno di loro, delle loro idee in contrapposizione al mercato dei colossi. Come in tutte le cose, specialmente nel mondo dei media, per lasciare il segno ci sono due metodi. Il primo è avere tanti soldi. Il secondo, buone idee. I giochi destinati a scrivere la storia spesso posso godere di entrambi dietro al loro sviluppo, ma per quanto si possa investire su un titolo, se è privo di quel lume che invece un ragazzo in solitaria è in grado di evocare, sarà destinato a finire su uno scaffale più in basso.

In questa direzione, un grande passo avanti è stato possibile dall’uscita della piattaforma Steam. In cambio di una quota, infatti, ha reso possibile agli sviluppatori la pubblicazione dei loro lavori, avvicinando il mercato a quel che di meritocratico senza cui un indie non potrebbe sopravvivere.

Indie Game - The Movie (2012): il documentario sul retroscena dei videogiochi indie 1

Phil Fish – sviluppatore di FEZ

Meglio indie che mal accompagnati

Il film ha lo scopo di far luce sulla tematica di nicchia qual è l’indie, e quale evento migliore, se non il Sundance, per farlo? Dopo essersi aggiudicato il premio come miglior documentario (2012), possiamo dire che il messaggio è arrivato. Un messaggio che ha al suo interno la solitudine, la fatica, la persistente minaccia che da un giorno all’altro il progetto di una vita potrebbe andare in fumo e, con esso, la vita stessa.

“Non c’è nulla di personale in un gioco rifinito nei minimi dettagli, secondo rigidi canoni, da centinaia di persone”, afferma Jonathan Blow, creatore di Braid. Immaginate di essere un’unità che ha il compito di risolvere un bug insieme ad altre duecento persone. In un altro team si sta lavorando alla grafica. In un altro ancora alla pubblicità. Le differenze con l’alienazione che provoca una catena di montaggio, laddove i risultati del proprio lavoro non sono riconoscibili, né identificabili come propri, sono minime. L’identità dello sviluppatore, in poche parole, si perde nel prodotto e diventa qualcosa di estraneo.

Dall’altra, invece, c’è una scrivania disordinata. Una pila di vestiti su una sedia. Un calendario che non segna mai la data di oggi, ma ciò che manca da fare per arrivare a domani. C’è la tensione nel prolungare una data di lancio per poi sentirsi aggrediti dai fan. Loro non aspettano altro che giudicare il tuo lavoro. Ma, soprattutto, manca la sicurezza che venga compreso, il tuo lavoro, e con esso gli ultimi tre o quattro anni della tua vita.

Da che parte vorreste stare?

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Titolo italiano: Indie Game - The Movie

Totale
7.8/10
7.8/10
  • Trama - 7.8/10
    7.8/10
  • Realizzazione - 7.8/10
    7.8/10
  • Impatto - 7.8/10
    7.8/10

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